Il Fintocolto al Cinema /2
Il fintocolto si emoziona per le cose che non capisce. Trova in esse quell’imperscrutabile intelligenza superiore ma non troppo, come di vite che non potrà vivere e dunque capire. O meglio, si potrebbe forse arrivare a capirle se solo non si fosse troppo pigri di pigrizia ben coperta con frasi a effetto, tipo il dubbio è vitamina.
È per questo che se in un film c’è una splendida fotografia, per il fintocolto è già abbastanza. Viene paraculato con una semplicità quasi imbarazzante. Apprezza con naturalezza la più grave delle violenze mentali, si ritrova nei discorsi senza senso di un protagonista truccatissimo dall’improbabile parlata medio-robotica, vorrebbe aver pensato le più legnose casualità di una rappresentazione di qualsivoglia tipo, si sente incredibilmente piccolo di fronte all’atomo, trova significati anche nel font dei titoli di coda, qualora servisse a sfamarsi.
Finito il film, il fintocolto pensa. Solitamente se ne viene fuori qualche buona idea e qualche retweet sul web, pur avendo sbagliato a utilizzare gli hashtag. È in quel preciso istante, dopo i primi due retweet – o ‘mi piace’ che siano – che il fintocolto prende l’ennesima decisione: quella definitiva. Diventerà un regista.
Per poi addormentarsi e risvegliarsi fintocolto.
Tutto da rifare. Ma è vitamina.