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Il mio Carlo Monni

Vedi Carlo, ho appreso la notizia della tua morte mentre ero a lavoro. Dunque sono andato a casa, mi son lavato e me lo son sciacquato bene. Ho mangiato, modestamente a parte, due o tre paste per la nostalgia. Non pretendevo vero, per quattromela lire, una fissa tua presenza in questo mondo. Certo è che hai fatto vivere in me persona svariati brividi blu, come di risate di trent’anni fa. Ma anche trenta minuti.

Dimmelo via, dimmelo: ‘ndoe tu ti sei nascosto, tacchino?!

Io, che bruco sono nato e bruco rimango, t’ho citato tante volte. Ma tante, fino a ieri stesso, mentre ero in quel posto in cui lavoro, pieno di cinesi, ‘ccidenti a loro e a tutt’i giallo che c’hanno addosso (anche se, diciamolo, per certe cose vanno lasciati fare). Per carità eh, son riuscito a dormire senza grossi problemi, se non fosse per quello che russa nel mi’ sogno sognando uno che russa più forte e che sogna uno che russa ancora più forte: tre tavor e via, anche perché dopo un po’ mi faceva male la testa. La testa? Sie la testa. La testa icché? Eh, la testa icché, la testa!

C’era poi un pensiero che mi frullava nel capo: arriverà natale e mi verrà voglia di comprare un puntale nuovo, sperando che funzioni sennò mi tocca smontarlo tutto quel coso giallo. Duro lui, duro io. E allora mi verrai in mente te. Ma sai, le condoglianze non te le fo. E sai non te le fo, non te le fo le condoglianze. Chiedimi: me la fai le condoglianze? Non te le fo!

Ora la notte è passata. Cri cri, cri cri. Non preoccuparti, vedrai che andrà tutto bene: se c’è, mettilo in difficortà. Se ‘un c’è, si sapeva: è la sua unica furbizia.

Torniamo altrove, dove ci son vino e donne (ma con tutti i connotati intrinseci: delle donne…donne). Te vai, se tu devi andare, vai. Intanto, il tuo Walter, ti continuerà a citare. Maremma impestata lurida assassina gatta arroventata.