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Fiaba d’Halloween: “La Festa d’Ognivvivi e Cristoforo Colombo”

fiaba halloween1 Novembre 2013

 

Nella città d’Aldilà, chiamata così perché è di là e non di qua, il 1 novembre si festeggia la ricorrenza d’Ognivvivi. Infatti nell’Aldilà, come noto, sono già tutti morti ma non per questo senza cuore. Pertanto, arrivati a questo giorno dell’anno, si ricordano i propri vivi. I propri discendenti, i propri amici: tutti i vivi che sono durati un po’ più a lungo e meritano un ricordo speciale.

La festa dei Vivi è molto più antica della nostra giornata dei Morti. Anzi, a dirla proprio tutta addirittura alcune delle più famose usanze di Halloween nascono proprio dalla festa dei Vivi dell’Aldilà. Ma cominciamo dall’inizio e andiamo per ordine.

Innanzitutto per Ognivvivi tutti i bambini dell’Aldilà si travestono. Ovviamente si travestono da vivi, pertanto tra le strade tetre, tenebrose e ululanti di quella città si vedono spuntare orde di ragazzini in infradito e costumino due pezzi, finti capelli biondi e pompette sottopelle che simulano il respiro o il battito del cuore. E’ sempre un bel momento per l’Aldilà dove di solito non è che ci si diverta poi molto e il tempo sembra veramente non passare mai. I bambini vanno in giro per le bare, bussando e sussurrando (perché per parlare ad alta voce non hanno abbastanza respiro): “Ragnetto o scherzetto?”. Niente di nuovo insomma, tutte cose che dovreste già più o meno conoscere.
Successe però una volta che a causa di un errore, l’Aldilà entrò in contatto con l’Indiqua per alcuni minuti.

Si dà il caso infatti che fosse il 1492 e che un tizio, Cristoforo Colombo, stesse per raggiungere senza saperlo le Americhe. Il poveretto aveva appena perso la fidanzata in mare. Anzi, a dire la verità aveva perso l’amante: nessuno lo sa e forse è meglio che non lo si dica troppo in giro, ma il vecchio Cristoforo era un donnaiolo di prima categoria e, lasciata la moglie a casa per andare a scoprir l’India, s’era portato dietro Erika, l’amante bella di cui era follemente innamorato. Non fosse che questa, nel pulir con l’acqua di mare la bussola del Colombo, era caduta nelle onde e da queste si era lasciata trascinare: lei era morta e Colombo rimasto senza bussola, tanto che notoriamente sbagliò direzione andando verso l’America e credendo d’essere in India. D’altronde aveva talmente tante lacrime negli occhi che una terra valeva l’altra: aveva perso il suo amore più grande e qualunque luogo sarebbe comunque stato stretto, che fosse l’Africa o una capanna.
Erika scese le scale giganti del Regno dei Morti per un pezzetto, ma poiché era festa e non c’erano i guardiani del Grande Portone a richiuderlo alle sue spalle – erano travestiti da bambolotti a chiedere “Ragnetto o scherzetto” – ne approfittò e di gran corsa tornò indietro, rituffandosi alla Indiana Jones nel proprio corpo trascinato dalle onde proprio sulla spiaggia d’America.

Nell’Aldilà ci si accorse dell’errore: i guardiani vennero puniti con otto ore di luce intensa, mentre il vice di Lucifero, Lucìsono, fu costretto a andare nel regno dei vivi a cercare di recuperare l’anima appena perduta della bella Erika. Non potendo andarci così com’era (una specie di draghetto violaceo con le zampette da gallina verde fluo e le corna da mucca o da motociclista), dovette travestirsi con la prima cosa che trovò a tiro: una grossa zucca che un ortolano morto il giorno prima si era voluto portare dietro per forza, essendo la più bella che mai avesse avuto. Era perfetta: gigante e arancione acceso, un arancione che ovviamente poggiata al muro dell’Aldilà si era già molto spento e se solo fosse rimasta lì un altro paio di ore, sarebbe diventata completamente grigia.
Lucìsono uscì con addosso quella zuccona, con due buchi triangolari per gli occhi, uno per il naso (non tanto per respirare, visto che era morto, ma giusto per non dare troppo nell’occhio) e un grosso buco per la bocca.

Quando Lucìsono arrivò sulla spiaggia giusta, le navi di Colombo ormai stavano già per attraccare e lui, vista la bella Erika sdraiata sulla sabbia ma ancora viva, stava urlando con voce lacrimosa e felice: “A me, Erika! A me, Erika!”. Un sacco di persone, perlopiù indigeni ma anche qualche rapper, stavano sulla spiaggia a guardare e, commossi, urlavano “A me, Erika!”, per puro spirito di compassione.
Lucìsono non se la sentì, decise di non rovinare quell’amore così grande e tornarsene indietro a beccarsi la punizione di Lucifero. Ma la rabbia di questo fu talmente grande che non fece neanche entrare Lucìsono nell’Aldilà: chiuse immediatamente il portone e illuminò la zucca in cui si era nascosto il draghetto, costringendolo a una vita di luce.
Ricapitolando, quindi:


–          A furia di urlare “A me, Erika!”, alla fine il nome di quella terra diventò Amerika. In seguito la K venne sostituita con una C per non farla sembrare la solita gigantesca americanata.

–          Da quel momento in poi, Cristoforo Colombo rimase sempre con la sua Erika, si sposarono ed ebbero un figlio che chiamarono Menomale, visto che era nato in seguito a una serie di errori e coincidenze. 

–          Il buon Lucìsono si mise a girare per il mondo dei vivi e non gli dispiacque affatto: arrivò anche in Europa dove incontrò la moglie di Cristoforo Colombo. Si sposarono e si dice che abbiano otto o nove dragopargoletti, mantenuti grazie a una nota ditta di Carbonella. 

–          I neo americani, dopo essersi fatti raccontare Ognivvivi da Lucìsono, decisero di imitarla. Nacque così Halloween e, in ricordo del piccolo draghetto buono, ogni anno un sacco di persone mette fuori da casa propria una zuccona gigante illuminata, con tre triangoli al posto di occhi e naso e un grosso buco per la bocca. Tutti ricordavano infatti che, alla presenza della Zucca, si era unito un grande, grandissimo amore impossibile. Ecco dunque il perché di quella tradizione: può sembrare che quelle zucche siano messe lì solo per far paura, e invece vuol dire che tutti sperano di trovare il proprio amore grande. E di perdere la bussola, che a volte può far bene.