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L’automobile del Fintocolto

L’automobile del fintocolto – ereditata da un nonno o acquistata che sia –  non è mai completamente quella che egli desidera, un po’ come tutto il resto. La ferrea volontà di dichiararsi del tutto disinteressato circa qualità, dimensioni, colore e cilindrata della propria automobile pone il fintocolto nella ormai sentimentalmente tipica situazione di minoranza interiore, pressata tra quel pezzetto di iper-sé che lo proietterebbe verso una  fuoriserie (o almeno una Panda di quel fantastico color melanzana che darebbe un tono migliore alla sexy tristezza del nostro), il panoramico senso pratico dal gigante volume e dalla massa inesistente, e quell’orgoglio da artista delle pulci che vive e dunque viaggia – che più o meno sono sinonimi – di solo pensiero.
La bici non fa fatica ma è sgonfia, il Trasporto Pubblico Locale non fa fatica ma è assente, i piedi non fanno fatica ma sono dolenti, l’astronave sarebbe perfetta ma purtroppo fuori budget. Di necessità virtù: l’automobile diventa una seconda casa e a volte la prima spalla su cui riversare tutto l’astio per ciò che, come detto, non è come si vorrebbe: che si becchi sul tappetino i volantini appallottolati di iniziative poetiche presi e dimenticati, la polvere, le penne a sfera con i loghi di fiorai e assicurazioni, la polvere, le custodie vuote di cd masterizzati e perduti, la polvere, i pupazzetti volanti regalati da un amico, la polvere, da un conoscente, la polvere, da un o una ex compagna, la polvere, l’arbre magique che non profuma più di assenzio chimico almeno da un lustro: e pensare che era al mandarino fragolato.
E nonostante tutto c’è un feeling particolare: è pur sempre una compagna di velleità, pur bruttina che sia. A giudicare dalla descrizione – lenta, spesso rotta, disordinata, consuma troppo – parrebbe Amore, invece è l’automobile del nonno.